Vorrei che tutti leggessero. Non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo.
(Gianni Rodari)
Rodari diceva dei suoi versi che non erano vere e proprio poesie ma “materia prima” di esercizi della fantasia, con cui andava in cerca di uno spunto per un racconto, di un verso per una filastrocca, di un’immagine da mettere da parte e coltivare per il futuro. Chissà se era proprio così.
Per bambini inizia a scrivere per caso. Lui prima maestro, poi giornalista all’Unità. Ed è proprio per questo giornale che scrisse raccontini umoristici per la pagina domenicale dedicata “alla famiglia” (1947-1950).
Rodari collabora a tre giornalini dedicati ai bambini e ragazzi.
Dal 1950 fu direttore del Pioniere dove crea alcuni dei suoi personaggi più famosi tra cui Cipollino.
Dal 1961 al 1977 collabora al Corriere dei piccoli.
Tra il 1961 e il 1975 collabora al mensile La via migliore.
Interessante una sua rubrica dal titolo I punti di Rodari che fra il ’68 e il ’70 si può leggere nel Corriere dei piccoli. Qui risponde alle lettere che gli arrivano da bambini, ragazzi e anche da genitori. In una di queste risposte Rodari sostiene che a scuola deve regnare il NOI e non l’IO, facendo diversi esempi: Noi studiamo volentieri perché è bello sapere tante cose; studiamo per amore delle cose che studiamo, non per fare bella figura, non per far fare brutta figura agli altri. E non per i voti… come si fa a misurare con i numeri il piacere di studiare, di scoprire il mondo, di lavorare insieme… Rodari pensava che la scuola dovesse innanzitutto dare gli strumenti per pensare e che i voti fossero piuttosto da assegnare in condotta a quei grandi che non offrivano ai bambini la possibilità di imparare senza il timore di essere giudicati con un numero”.
Concetti attualissimi da mettere sotto il naso ad alcuni insegnanti che pensano l’esatto contrario e che di certo non fanno amare lo studio ai ragazzi!
La scuola che immaginava Rodari, GRANDE COME IL MONDO, doveva essere uno spazio aperto, per guardare la realtà e partire da questa per consentire ai bambini, cittadini di domani, una partecipazione consapevole alla vita sociale. Non a caso Rodari si sentiva vicino anche a don Lorenzio Milani e alla sua celebre Lettera a una professoressa, che mettendo il dito nella piaga della scuola italiano (eravamo nel 1967!), vedeva proprio nella conquista della parola, nel linguaggio il punto più forte del possibile cambiamento. Scriveva in Grammatica della fantasia: “Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.
Nel 1956 collabora alla riforma della scuola.
Lavora per Paese sera e collabora a Il giornale dei genitori (che dirige dal 1968).
Quello che scriveva era importante perché riusciva a dire ai grandi cose che difficilmente avrebbero sentito da altri. Diceva, ad esempio, che i genitori parlavano poco con i figli ed invece era fondamentale che mamma e papà parlassero molto anche ai bambini piccolissimi, senza preoccuparsi della comprensione, perché l’importante era far sentire il calore della voce e con questa un’affettuosa presenza…Diceva questo mezzo secolo fa…
Concetti che ora possiamo ritrovare nei Programmi di NpL e NpM.
Rodari nel 1972, a Reggio Emilia, partecipa agli Incontri con la fantastica, primo abbozzo della Grammatica della fantasia, pubblicata nell’anno successivo.
Ecco cosa era La grammatica della fantasia: in una sola parola, la creatività, l’esercizio sistematico della facoltà di inventare. Erano anni in cui, anche grazie a Rodari il mondo si avviava a comprendere che le cose da bambini non sono solo da bambini.
Nel 1973 un einaudiano storico come Ernesto Ferrero organizzò una grande festa in via Biancamano per l’uscita della Grammatica della fantasia. “Chi fosse veramente Gianni lo si sarebbe dovuto capire dall’uscita di quel libro fondamentale. Rodari appartiene alla stessa famiglia di Italo Calvino e di Primo Levi. La sua è una fantasia creativa, sempre strettamente connessa con la società del suo tempo anche quando finge di distaccarsene per immaginare mondi paralleli. Rodari è stato un grande scrittore tout court, sperimentatore di generi, diversi e artefice di una pluralità straordinaria di linguaggi, di cui la nostra critica letteraria non s’è mai accorta. In più era dotato di un coraggio che è mancato a tanti altri: ha saputo dare uguale dignità alla cultura alta, muovendosi in un ambito che oggi diremmo multimediale, tra letteratura, musica, fumetto, arti visive, cinema, teatro. Fu anche il primo a rendersi conto che questa sua sfida non sarebbe stata compresa da un ambiente colto che soffre tradizionalmente d’un complesso elitario. E che infatti l’avrebbe confinato nel ghetto della letteratura per l’infanzia. Eppure fu un intellettuale nel senso più pieno del termine: non perse mai di vista la responsabilità morale dell’autore, sa giocare con i significanti delle parole senza smarrirne il significato”. Dietro le sue favole si nascondono Saussure e Wittgenstein, Propp e Piaget, Sant’Agostino e Novalis, però guai a mostrarlo troppo. Perché il gioco del mondo è un affare terribilmente serio, a condizione di non perdere la leggerezza.
Nel 1970 riceve, a Bologna, il premio Hans Christian Andersen, il Nobel della letteratura per ragazzi. In un’intervista per Paese Sera gli chiesero: “Lei ha vinto il premio Andersen il Nobel della letteratura per ragazzi, ma non ci sono grandi critiche sulle sue opere. A cosa attribuisce questo silenzio?”. “Chi scrive per bambini deve sapere che lavora nella serie B. La nostra letteratura è sempre stata aulica, aristocratica, non popolare, e uno dei motivi per cui non abbiamo avuto una letteratura per ragazzi sta nel fatto che ciò viene ritenuto disonorevole”.
E’ interessante ricordare anche la “parte ecologica” di Rodari. Già nel 1976, dopo il disastro ambientale di Seveso nel 1976, lo scrittore capisce quanto sia importante difendere e conservare gli equilibri della natura e una produzione industriale rispettosa dell’uomo. Come sempre, le sue armi erano quelle della contestazione e della denuncia di ciò che non andava, con il sorriso, l’invenzione fantastica, l’invito a pensare e riflettere, nella speranza di cambiare il mondo. Rodari aveva già ben presente certi rischi nati dall’invito eccessivo al consumo.
Andate a legger il racconto Il mondo in scatola (in Novelle fatte a macchina) e vi colpirà come noi donne e uomini abbiamo ben poca coscienza ecologica a tutt’oggi. Farete la conoscenza del signor Zerbini che è “amante della natura” chiede alla sua famiglia, dopo un pic-nic di “non lasciare in giro cartacce: -Sistematele per benino. Non tutte in un mucchio, come al solito. Guardate in quel cespuglio: non ci avete messo nemmeno un bicchiere di carta. Su, su, che ogni albero abbia la sua parte. Non facciamo parzialità. I tovaglioli sporchi lì, sotto quella quercia. Le bottiglie vuote sotto quel castagno. Così: oh, che bello!”
Rodari presentando il racconto scrisse: “…Mi piace camminare nei boschi. Non mi piacciono le cartacce, le bottiglie vuote… che si incontrano nei boschi il lunedì, dopo il pic-nic della domenica. Ho immaginato, per vendetta, che questi rifiuti si mettessero in moto e seguissero in città le automobili di ritorno dalla gita…”
Tra i suoi scritti elenco: Il libro delle filastrocche (1950), Le avventure di Cipollino (1951), La freccia azzurra (1953), Filastrocche in cielo e in terra (1960), Favole al telefono (1961), Il pianeta degli alberi di Natale (1962), Gip nel televisore (1964), Il libro degli errori (1964), La torta in cielo (1966), Tante storie per giocare (1971), Novelle fatte a macchina (1973), Grammatica della fantasia (1973) C’era due volte il Barone Lamberto (1978), Il gioco dei quattro cantoni (1980).
Vi segnalo l’uscita della biografia di Rodari dal titolo Lezioni di Fantastica, scritta dalla storica Vanessa Roghi, pubblicata da Laterza nel mese di maggio.
In autunno è attesa la raccolta delle Opere di Rodari, nella collana dei Meridiani per Mondadori.
Gran parte della produzione di Gianni Rodari è stata pubblicata dalla casa editrice Einaudi.
Hanno illustrato i suoi libri, per la maggior parte, l’inconfondibile segno grafico di Munari e successivamente quello di Altan.
Rodai è stato tradotto in tutto il mondo.
Nasce nel 1920 a Omegna. Muore nel 1980.
Chiedo scusa alla favola antica,
se non mi piace l’avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
Che il più bel canto non vende, regala.
L’ultimo libro pubblicato da Einaudi dopo la morte di Rodari (ma l’autore ne aveva seguito la lavorazione) è Il gioco dei quattro cantoni. Sul risvolto di copertina possiamo leggere: “…L’umorismo dell’assurdo, il gioco della dissacrazione dei luoghi comuni, gli stravolgimenti del linguaggio altro non sono che l’invito reiterato a liberarci dagli schemi, dai pregiudizi, dal conformismo per guardare più lontano. In un momento storico in cui i punti di riferimento morali e civili sembrano smarriti i libri di Rodari ci indicano, anche al di là della felice invenzione e del piacere della lettura, le strade della tolleranza, le vie dell’amicizia sulle quali converrà incamminarci se vogliamo ancora scommettere sul futuro delle nuove generazioni”.
Tra i tanti racconti proprio quello che dà il titolo alla raccolta Il gioco dei quattro cantoni è sorprendente. Giocano ai quattro cantoni un pino, una magnolia, un tiglio, un cedro del Libano ed un altro pino. La luna è in ritardo. Eccola che sorge, debole chiarore lontano. Ed ecco che a quel lume, come ad un segnale, le piante sembrano destarsi, scollarsi silenziosamente dalle radici. Eccole spostarsi tutte e cinque, ora con sornione lentezza, ora con brevi scatti veloci, lungo i quattro lati del rettangolo. Tocca al tiglio agitarsi nello spazio centrale, correre verso il vertice che il gioco lascia momentaneamente libero per occuparlo, tornare sui suoi passi, ritentare la conquista di un altro vertice…
Rodari ci ha insegnato, in Grammatica della fantasia, a giocare. Ad esempio con un nome di città suggerisce una rima, questa rima suggerisce una situazione paradossale, questa situazione viene sviluppata in un racconto che la porta alle ultime conseguenze, e il gioco è fatto. Ecco Codice di avviamento fantastico, allora, dove avviene tutto questo. Due esempi:
Un pastore di Sambruson
insegna alle capre
a suonare il trombon.
Ho visto ad Orbassano
un signore che correva
con il naso in mano
E che ne dite di STORIA UNIVERSALE, l’ultima delle Favole al telefono. La ricordavate?
In principio la Terra era tutta sbagliata, renderla più abitabile fu una bella faticata. Per passare i fiumi non c’erano ponti. Non c’erano sentieri per salire sui monti. Ti volevi sedere? Neanche l’ombra di un panchetto. Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto. Per non pungersi i piedi, né scarpe né stivali. Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali. Per fare una partita non c’erano palloni: mancava la pentola e il fuoco per cuocere i maccheroni, anzi a guardare bene mancava anche la pasta. Non c’era nulla di niente. Zero via zero, e basta. C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare. E agli errori più grossi si poté rimediare. Da correggere, però, ne restano ancora tanti: rimboccatevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti.
(da Favole al telefono)
… e per finire la mia preferita UN UOMO MATURO CON UN ORECCHIO ACERBO
(in Parole per giocare, Manzuoli, Firenze, 1979)
Il testo è un insieme di informazioni, commenti, ricordi, filastrocche, racconti tratti da:
L’alfabeto di Gianni / Pino Boero, Walter Fochesato. Coccole books, 2019
La fantasia al potere, da Il venerdì di Repubblica, n. 1673, 10 aprile 2020
Favole al telefono / Gianni Rodari. Einaudi, 1962
Il gioco dei quattro cantoni / Gianni Rodari ; disegni di Bruno Munari. Einaudi, 2011
Una gioiosa macchina da fiaba, da Il venerdì di Repubblica, n. 1673, 10 aprile 2020
Grammatica della fantasia / Gianni Rodari. Einaudi, 1973
Novelle fatte a macchina /Gianni Rodari. Einaudi, 1973
Parole per giocare / Gianni Rodari ; presentazione di Tullio De Mauro. Manzuoli, 1979
Gianni Rodari è stato un meraviglioso intellettuale: maestro, scrittore, inviato speciale, militante, promotore instancabile del più grande strumento di liberazione che gli esseri umani abbiano mai inventato: la parola.